Baby Blue: il fantasma della depressione post partum

Dopo nove mesi finalmente è arrivato il grande giorno, è venuto al mondo il piccolo di casa, la famiglia mi sorride, il mio compagno si congratula con me per la grande forza dimostrata, era tutto quello che stavamo aspettando. Giusto? Ma allora perché mi sento così triste?  

Per alcune donne i giorni dopo il parto possono tingersi di grigio, potrebbe trattarsi del fenomeno del baby blues, un circoscritto stato di angoscia, malessere e malumore che insorge nelle neo mamme, generalmente durante la settimana successiva al parto, dovuto al fisiologico cambiamento ormonale che si verifica subito dopo la nascita, amplificato dalla fatica fisica e psicologica legata al nuovo ruolo di mamma e dai postumi fisici dovuti al parto. Si tratta di un sentimento di profonda tristezza che ha il suo esordio 3-4 giorni dopo la nascita del bambino e della durata massima di una  settimana, durante la quale si avverte una forte labilità di umore, una facile tendenza al pianto, tristezza, ansia, irritabilità, difficoltà di memoria e concentrazione.  

I dati epidemiologici non sono, purtroppo, aggiornati, ma si stima che in Italia oltre 90.000 donne soffrono di questo tipo di disturbi  nel periodo perinatale, che possono perdurare anche nei successivi dodici mesi dopo il parto, ma in questo caso si deve parlare di depressione post partum.  

Tutti ti sorridono, si aspettano che tu sappia già tutti i passaggi, che tutto sia perfetto, che tu sappia esattamente cosa fare: il tuo compagno, i suoceri, i nonni, le tue amiche, nessuno ha alcuna esitazione su quanto tu possa essere una mamma perfetta, d’altronde tutti fanno figli, non sarà poi così complicato.  

E ti ritrovi lì, con quel fagottino sconosciuto, occhi negli occhi, lacrime nelle lacrime, e non sai cosa provi, non sai perché proprio a te doveva succedere di sentirti così.  Fisiologicamente è un fenomeno naturale; durante i nove mesi di gestazione, che si concludono con  il parto, non è venuto alla luce solo un bambino ma anche una mamma, con tutte le sue insicurezze, immersa in una nuovissima dimensione di fatica, di riconoscimento di un altro essere così diverso da se, un estraneo che deve imparare a conoscere,  nutrire , giorno dopo giorno.

Non bisogna andar troppo lontano per scovare quegli occhi di mamma triste, uniti, fin troppo spesso, a sguardi di disappunto. «Ci sono giorni in cui tutto sembra pesarmi di più, in cui penso che non ce la farò. Che tipo di mamma sarò?” ti viene da pensare. Non è sempre è immediato rendersi conto che qualcosa  non va, c’è una grande tendenza a sottovalutare i sintomi, minimizzarli, per nascondersi da quegli sguardi indagatori che tendono a far corrispondere l’idea socialmente accettata di maternità con quella di giardino dell’eden. 

La nascita è per definizione un lieto evento, e in generale si fa fatica a capire perché una neomamma dovrebbe stare male in un momento del genere. E invece è possibile e anche frequente” spiega la psichiatra Franca Aceti, responsabile dell’Unità operativa di Igiene mentale delle relazioni affettive e del post-partum presso il policlinico Umberto I di Roma. 

Piccoli segnali di un problema nascosto

Nella maggior parte dei casi, si tratta di una tristezza fisiologica che passa da sola, ma sono diversi i segnali da osservare per capire che c’è un problema serio, esser lì in maniera non giudicante per fare qualcosa di davvero concreto per queste “mamme tristi”.

Alcuni segnali, però, possono aiutare a capire che c’è qualche problema. 

 La depressione post partum può essere caratterizzata da sintomi quali:

  • Insonnia
  • Irritabilità intensa e rabbia
  • Pesante stanchezza
  • Perdita di interesse verso il sesso
  • Perdita di entusiasmo per la vita
  • Sentimenti di vergogna, sensi di colpa e di inadeguatezza
  • Severi sbalzi d’umore
  • Difficoltà di legame verso il proprio bambino
  • Isolamento dalla famiglia e dagli amici
  • Pensieri di farsi male o far male al bambino

La depressione post parto, se non viene trattata, può durare anche mesi o più a lungo, purtroppo lo stigma sociale porta a essere riluttanti, imbarazzate a parlare del proprio stato d’animo, con il risultato di rinchiudersi in una bolla di solitudine e tristezza, che provocano , nella mamma, sentimenti ancor più forti di inadeguatezza e solitudine.

Tutti intorno alla mamma sono contenti dell’arrivo del bambino, e la mamma sente di non potersi permettere di sentirsi triste, anche se lo è. E durante il corso pre parto hanno sempre parlato di cambio di pannolini, di pappe, di mal di schiena, perché allora non si è mai fatto accenno a questo fantasma grigio che è comparso insieme al bambino? Forse per non avere un dopo traumatico, bisognerebbe che qualcuno si occupasse del prima.

 Se ci si rende conto che qualcosa non va, che il tempo passa e sintomi come tristezza, angoscia, apatia, disturbi del sonno e così via non si allentano, la cosa migliore da fare è parlarne con qualcuno.

Sentire che in quella nuvola di inettitudine, solitudine e rabbia non si è sole. Potrebbe trattarsi del medico di base, oppure di uno specialista psicologo o psichiatra, magari all’interno di strutture sanitarie presenti sul territorio. In un mondo in cui il parto è la maternità sono belli, bellissimi, in cui tutto è dipinto di rosa, potrebbe esserci anche qualche risvolto negativo. Ci saranno dei momenti in cui non se ne potrà più, in cui si vorrà uscire da sole, in cui si vorrà fare una doccia senza nessuno che piange. Potrebbe accadere di non star bene, di non voler allattare. E anche se la paura è lì, sapere di poterla sconfiggere, sapere che è normale, che non è sbagliata, può fare la differenza.


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