C’è questa insidiosa faccenda che – come, del resto, accade spesso con le faccende insidiose – non si presenta, all’apparenza, come una minaccia manifesta; al contrario, nella maggior parte dei casi, vien fuori, nelle conversazioni, sotto forma di un complimento. Sto parlando della storia del – soffro anche solo a dirlo – multitasking femminile, di cui ormai senti parlare ovunque, dal benzinaio, al cinema, all’università, negli status di Facebook.
Al modello della casalinga viene contrapposto, tessendone le lodi, questa sorta di mostro mitologico a tre teste, il quale, oltre a non potersi permettere di ammalarsi o essere stanca – che cosa può esserci, paradossalmente, di più patologico? – ha successo nel lavoro, si occupa della casa e tiene su i rapporti sociali e familiari; soprattutto, è l’unica persona a svolgere queste ultime due attività a beneficio del marito, di altri uomini intorno a sé o dei figli, i quali tratta tutti alla stessa stregua, ostentando un certo paternalismo verso i maschi, da parte dei quali sarebbe naturale non svolgere certi compiti, perfino non esserne in grado.
A nome dei maschi, io non posso parlare, per quanto trovi tale visione offensiva nei loro confronti. Mi interessa, invece, provare a farvi immaginare l’effetto straniante della proiezione di questo modello femminile su quelle come me. Quelle che, se stanno scrivendo un messaggio, non sono in grado di ascoltare nemmeno una parola rivolta loro e che, se per un attimo si mettono ad ascoltare, finiscono per scrivere “stronzo” per sbaglio e poi inviarlo al proprio capo. Quelle che, al supermercato, soffrono di una tale ansia da prestazione da preferire le cosiddette “casse veloci” perché, in quelle, possono metter via la propria spesa con sacrosanta lentezza. Quelle che, se assorbite da un pensiero, potrebbero ritrovarsi spettatrici di un sanguinoso omicidio e finire – questa, giuro, è una grande paura che mi accompagna da anni – per dimostrarsi le testimoni oculari peggiori del mondo, gente che a malapena ha registrato nel proprio cervello ciò che è rimasto impresso nella retina, figuriamoci se è in grado di riconoscere la faccia dell’assassino. Quelle che, se non dai loro il giusto tempo per pensarci, potrebbero dire o fare assurdità immani per il semplice motivo che non si è dato loro il tempo di mettere in fila pensieri e azioni e svolgerli uno alla volta.
Siamo pure quelle che, talvolta, se dai loro il tempo, sono in grado di pensare, dire e fare egregiamente. Siamo pure quelle cui basta fare una cosa per bene al giorno, o anche al mese, guarda, al limite una nella vita, per ritenersi soddisfatte e vivere bene con sé stesse; un godimento, questo, che, per inciso, io sospetto la donna multitasking faticherebbe a provare pure dopo aver salvato il mondo. Ma questo non ci riguarda.
Ecco, quando qualcuno mi viene a dire che “per fortuna” noi donne siamo multitasking, o lo dà per scontato, e poi si scandalizza quando scopre la mia maniera di vivere le mie passioni, i miei interessi e pure il mio ozio – ovvero come mi pare, concedendomi i miei tempi e preferenze, tipo esser assorbita da un libro per due giorni e poi ritrovarmi con due lavatrici da fare di notte – a me viene da ridere. Ma quella che ride è la me di oggi, più che trentenne, abbastanza pacificata e pure un po’orgogliosa di sé, non quella bambina e ragazza che sono stata e siamo state in tante, cui han cercato in mille modi di negare la libertà di essere chi le pareva e stabilire le proprie priorità; lei, invece, si sentiva molto a disagio e a tratti avrebbe voluto perfino, pensa, essere un maschio.
Copyright Immagine di Copertina: Artista Egle Plytnikaite
Hai ragione.
Credo che sto multitasking delle donne sia uno squallido tentativo degli uomini di sminuire le capacità delle donne COSTRETTE a fare 100 cose insieme da questa società maschilista.
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Io, più che agli uomini soltanto, lo attribuirei a tutta la società, alla cultura ancora molto maschilista in cui viviamo e di cui spesso non c’è consapevolezza neanche da parte della donne. Sono spesso pure loro a perpetrare questo stereotipo, purtroppo. Oh, ma cambierà, altroché 🙂
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